OMELIA 16/04/2023 - Domenica in albis
Omelia tenuta nel corso della celebrazione della Domenica in albis, il 16 Aprile 2023 a Rubiera (RE).
Letture: At 10, 34-42; Lc 24, 13-35OMELIA
Cari fratelli e sorelle,
Nel Vangelo di oggi ci viene proposto il racconto della strada per Emmaus che vede due discepoli tristi che camminano insieme, discutendo della morte di Gesù.
In quel momento, Gesù si unisce a loro, ma i discepoli non riescono a riconoscerlo. Gesù allora si mise a insegnare e infine, quando si fermarono a cena, Gesù spezzò il pane ed è da questo gesto che i discepoli riconobbero Gesù. Un semplice gesto; non dal suo disquisire sulla Verità ma dal suo spezzare il pane.
Pane, simbolo del nutrimento e quindi della vita.
Come non pensare alla nostra orazione colletta, tipica della tradizione liberale, che recita:
“Insegnaci o Signore a riconoscere che tutti i popoli e tutte le genti condividono la tua vita”. Ci siamo mai fermati a riflettere su cosa ciò significhi?
Da un lato, sicuramente questo condividere la Vita di Cristo, ci fornisce una sorta di “visione d’insieme”, fa riferimento alla quella “Legge del Sacrificio” che Annie Besant ci ricorda essere alla base di ogni verità spirituale e che, nel suo significato cosmico, non si limita a ricondurre tutte le tradizioni ad unità, ma a ricondurre tutte le vite particolari a quell’unica esistenza una che è alla base del nostro essere. Quella Vita Una che sacrificando se stessa permette la manifestazione di sé nella molteplicità delle esistenze individuali.
Questo ci rende fratelli. Ci accomuna per origine e destino.
Focalizziamoci ora su questo “destino”. Dov’è che stiamo andando?
Siamo sicuramente esseri in cammino. L’Universo stesso ha una direzione scandita dalla sua stessa evoluzione. Questo cammino è denso di avvenimenti, i passi di ciascuno incrociano quelli dell’altro. A volte si cammina insieme, a volte ci si scontra. Spesso, nei limiti dati dalla nostra esistenza individuale, non vediamo il senso di tutto ciò che ci accade attorno. Ma noi siamo una piccola goccia d’acqua, che a malapena conosce sé stessa e a malapena conosce le altre gocce formate dalla stessa sostanza. Figuriamoci se possiamo comprendere quella realtà più grande che è l’oceano!
Il racconto della via di Emmaus ci insegna che per quanto ci sia oscuro dove conduca il nostro cammino, non siamo soli. Siamo in un qualche modo guidati, condotti verso la fine, verso quel punto attraversato il quale allora vedremo il senso dell’intero percorso. Ci riconosceremo come parte di un Tutto del quale condividiamo essenza e sostanza. E chi è questa guida che non riusciamo a riconoscere, se non Gesù. L’Uomo, Figlio di Dio, colui che rappresenta il fine ultimo dell’uomo, di tutti gli uomini: il Disegno di Dio è evoluzione, nel senso di cambiamento - perfezionamento. Gesù è il modello verso il quale noi tendiamo.
E la cosa più bella di Gesù è proprio la sua umanità. Ci mostra che allo stesso modo in cui la separazione da Dio, dal Tutto, sta dentro di noi e ci conduce verso l’annichilimento, la stessa strada che a Dio ci riconduce l’abbiamo sempre davanti. Sta a noi prenderne consapevolezza e scegliere di percorrerla.
Pietro nel suo discorso ci ricorda che Dio non fa differenza e la salvezza può essere ottenuta da tutti coloro che credono in Gesù Cristo. La consapevolezza, il risveglio, il riconoscere che l’uomo non è solo un insieme di reazioni chimiche e materiale biologico, sono per tutti. Non c’è preclusione. Dio non salva il cattolico e condanna tutti gli altri, ma anzi è al fianco di tutti coloro che si riconoscono come esseri imperfetti ma perfettibili. Che intraprendono un cammino di cambiamento verso quell’ideale di Uomo così ben rappresentato da Gesù. Che con questo ideale si confrontano quotidianamente e modificano il proprio essere per assomigliargli sempre di più. E attenzione, Gesù non è proprietà di nessuna religione. Appartiene se vogliamo alla Storia, ma ancor di più appartiene al cuore di ciascun uomo.
E a proposito di questo confronto continuo con la figura di Gesù, vi lascio una riflessione tratta da un testo che ha in parte ispirato questa mia omelia.
Il testo è quello della canzone “I don’t know how to love him” (non so come amarlo) del musical Jesus Christ Superstar.
In momenti diversi lo stesso testo è cantato sia da Maria Maddalena che da Giuda Iscariota, al secondo verso entrambi dicono “I don’t know why he moves me” (non capisco perché mi commuove). Entrambi i personaggi sono turbati, dall’incontro con Gesù ne escono profondamente cambiati. Sono spaventati, non capiscono fino in fondo chi hanno davanti. Il turbamento diventa commozione, che va intesa in un significato più ampio: non è un sentimento di pietà o empatia solamente, è proprio un “muoversi-con”. Gesù ci mette di fronte alla nostra natura, anzi alle nostre nature: quella “peritura” della carne e quella divina in potenza. Ed è proprio nel momento in cui avviene questo incontro che non possiamo più fare a meno di “muoverci con Lui”. Gli camminiamo e ci cammina a fianco, senza forzarci in alcuna direzione, permettendoci anche di andare in quella errata ma nella consapevolezza che in qualsiasi momento possiamo riprendere la via giusta.
Concludo appunto con le parole di Giuda, in punto di morte, nella stessa opera: “Dopo quello che ho fatto, mi amerai ancora?”. A voi tutti e tutte cercare una risposta.
Sia Lodato Gesù Cristo.
Giovanni++