Omelia - 28 aprile 2024 - Ordinazione sacerdotale

Rubiera (RE), 28 aprile 2024

Con l’ordinazione di un nuovo sacerdote, non posso fare altro che rimarcare l’attenzione sul significato di questo Ordine. Molto è stato espresso nel rito stesso, ma lasciate che attinga agli scritti del Vescovo Leadbeater a cui dobbiamo la bellezza del rituale utilizzato, che ne dà una descrizione dettagliata nella sua opera monumentale “La Scienza dei Sacramenti”.

Innanzitutto, ci dice Leadbeater: “Il sacerdozio esiste per il bene del mondo e i suoi membri sono destinati a servire da canali per la dispensa della grazia di Dio”. Ecco un primo aspetto del ruolo del sacerdote: il sacerdote è strumento. Non agisce per sé, è un cooperatore del piano divino.

Al sacerdote viene affidata la chiave che apre una certa porta e a noi interessa comprendere a che cosa ci apre questa porta. Sempre citando Leadbeater: “La grazia di Dio è la vita di Dio, ed essa è senza tregua riversata nel mondo in molti modi e a gradi diversi. Uno degli scopi di ogni religione è procurare ai suoi fedeli dei canali per questa effusione di forza divina e di prepararli ad attingerne pienamente. Su ogni piano di esistenza, Dio riversa la sua luce, la sua forza, la sua vita, ed è naturalmente sui piani superiori che questa effusione di forza divina può essere data in tutta la sua pienezza. Normalmente, ognuna di queste meravigliose ondate di influenza divina si spande sul suo piano orizzontalmente, ma non arriva a illuminare il mondo inferiore a quello per il quale era stata originariamente destinata. Tuttavia, in certi casi, la grazia e la forza di un piano superiore possono, in una certa misura, discendere a un livello inferiore, e spargervisi con un risultato magnifico. Ciò avviene quando un canale particolare è momentaneamente aperto”.

Il Sacerdote diviene ponte tra il piano divino e quello terreno, un canale attraverso il quale non solo fluisce l’influsso della grazia divina, ma anche i sentimenti e la devozione del popolo di Dio, che durante l’Assemblea il Sacerdote porta a sé ed eleva presentandoli davanti al trono di Dio stesso. E Dio risponde con la sua grande benedizione che discende attraverso lo stesso canale e si spande a beneficio dei presenti e, in un certo grado, dell’umanità tutta.

È l’ordinazione che rende possibile l’apertura di questo canale. In questo rito ci sono due aspetti: il dono dello Spirito Santo che dà la chiave per entrare in connessione con questa energia divina e il legame personale che Cristo crea con il Suo ministro. Il primo aspetto lo vediamo in azione quando il sacerdote consacra l’Ostia, benedice o dà l’assoluzione. Ciò avviene sempre, ex opere operato, indipendentemente dalle conoscenze e dal grado di realizzazione del sacerdote. Dice Leadbeater: “l’Ostia non è un talismano, se così fosse allora il magnetismo personale del celebrante sarebbe rilevante”; e aggiunge “è un po’ come se io andassi in banca a ritirare un anello d’oro con un diamante. Le mani del cassiere possono essere sporche, ma ciò non altera in alcun modo il valore e la preziosità del gioiello”.


Nell’istituzione della Chiesa voluta da Cristo, ciò avviene a tutela dei fedeli: potrei essere il Vescovo più indegno di questa terra, ma ciò non toglierebbe nulla a quanto celebrato e amministrato oggi.

Dal secondo aspetto, invece, quello del “legame personale con Cristo”, dipende la capacità di aiutare e servire. Cristo disse “Ecco, io sarò sempre con voi fino alla fine dei secoli”. Ciò, dice Leadbeater “non solo indica che il principio cristico è presente in ogni uomo, e non solo nel Sacerdote. Ma tale unione è rafforzata per mezzo dell’ordinazione”.  L’unione del sacerdote con il suo Maestro fa sì che si crei questo ponte, questo canale, attraverso il quale la forza e la vita divina possono effondersi sulla terra.

Nella visione particolare di Leadbeater, influenzata da diverse tradizioni, l’uomo ha diversi corpi che “vivono” su piani diversi, veicoli della coscienza che servono alla stessa per fare esperienza di tali piani; in alcuni di questi l’esistenza è individualizzata fino alla sua manifestazione nel piano terreno, in altri si manifesta mediante “corpi sottili”, materia mentale, fino a giungere ai piani spirituali nei quali la sua esistenza è indifferenziata rispetto a quella divina. Non è solo Leadbeater a offrire questa visione, ma la ritroviamo anche in René Guenon, nella sua dottrina degli stati molteplici dell’essere, o nel monaco ortodosso Seraphim Rose, seppure in forma diversa.

Non è comunque questa visione eterodossa che voglio diffondere con questa omelia, ma vorrei solo offrire questo elemento di riflessione. Dice Leadbeater che è in virtù di questo legame con Cristo che il Sacerdote può influenzare altre anime su piani più elevati di quello terreno. Parla di influenza diretta sul corpo causale, ricettacolo di tutte le esperienze dell’Uomo, Osservatore e primo tra i diversi “corpi” che non muore. È quello che sperimenta lo stato di beatitudine post-mortem. È qui che opera la capacità del Sacerdote di influenzare l’anima di chi ha smarrito la retta via, di chi si è legato a pensieri impuri o, da questi, si è lasciato guidare verso azioni nefaste. È qui che opera la capacità del Sacerdote di slegare, di rimettere i peccati.

Cristo è la nostra guida, colui che seguiamo in un percorso che si dipana verso l’alto. Cristo è colui che ha tracciato il sentiero. Il Sacerdote si sforzi di vedere questo sentiero e gli eventuali ostacoli sul cammino per sé e per gli altri. Si adoperi per quanto nelle sue forze di rimuoverli.

Un ultimo elemento di riflessione è l’agire in persona christi. Se ricordiamo che la parola persona ha origini nelle commedie del mondo antico, e indicava la maschera dell’attore attraverso la quale passava il suono della sua voce, comprendiamo quello che è compito del Sacerdote, sacramentalmente ordinato, ma anche di ogni battezzato in virtù del sacerdozio universale: “vivificare questa sacra connessione interiore con Cristo e diventare sempre più manifestazione personale del Signore” (Leadbeater).

Per concludere vi lascio con le parole de “L’imitazione di Cristo”. “Chi segue me, non cammina nelle tenebre» (Gv 8,12), dice il Signore. Queste parole di Cristo ci esortano ad imitare la sua vita e le sue virtù, se vogliamo essere illuminati e liberati da ogni cecità di cuore. Ma molti, pur ascoltando spesso il Vangelo, sentono poco desiderio di santità, perché non possiedono lo spirito di Cristo. Chi invece vuole comprendere pienamente ed assaporare le parole di Cristo, deve sforzarsi di modellare tutta la vita in Lui”.

Il Signore ci doni la grazia della sua presenza nei nostri cuori e ci guidi alla vita eterna.

+Giovanni