Simone Weil e i Catari: la seconda lettera a Déodat Roché

Il 16 marzo ricorre l'anniversario della strage di Montségur, evento che segnò la fine (o così è comunemente creduto) del catarismo. Montségur fu l'ultima roccaforte catara a dare rifugio e difesa dalle persecuzioni e stragi perpetrate durante la Crociata contro gli Albigesi bandita da "papa" Innocenzo III. Montségur cadde il 2 marzo del 1244, due settimane dopo, il 16 marzo, oltre 200 catari vennero bruciati sul rogo.

Miniatura raffigurante il rogo dei Catari.

Simone Weil (1909-1943), filosofa, mistica, scrittrice e attivista francese, nel suo percorso di ricerca spirituale si avvicinò al cristianesimo, seppur mantenendo le distanze dalla religione istituzionale. Ritrovò una forma pura di cristianesimo nel catarismo, conosciuto mediante la lettura degli studi di Déodat Roché.


Simone Weil


Déodat Roché (1877-1978), magistrato, filosofo, antroposofo, martinista e storico del Catarismo. Fondatore dei "Quaderni di Studi Catari", diede vita nel 1950 alla "Societé du souvenir ed des études cathares". Allo studio accademico del catarismo, del neo-platonismo e dello gnosticismo, affiancò un percorso esoterico che lo condusse all'iniziazione Martinista, avvenuta nel 1898 per mano di Louis Sophrone Fugairon e della Chiesa Gnostica di Francia di Jules Doinel, nella quale venne consacrato Vescovo di Carcassonne nel 1903 con il nome ecclesiale di Tau Theodotos.

Déodat Roché


Studi Manichei e Catari, Cahiers d'études cathares (1952)

Lasciamo che siano le parole di Simone Weil a ricordaci la profondità delle dottrine catare e la necessità, non solo di farne memoria, ma di riscoprirle in questo tempo di vuoto spirituale e nulla cosmico.

Il Testo della lettera.

Signore,

Non ho il privilegio di conoscerla, e me ne rammarico profondamente; ho appena terminato di leggere nell'opera "Les Cahiers du Sud" il suo splendido studio "l’amore spirituale presso i Catari", pubblicato nel numero dedicato all’Oc.
Grazie a Ballard, avevo già letto in precedenza la sua brochure Sul Catarismo. Questi due testi hanno lasciato in me una profonda impressione.

Da molto tempo sono attratta dai Catari, sebbene ne conosca poco. Una delle principali ragioni di questa attrazione è la loro opposizione all’Antico Testamento, che lei esprime così bene nel suo articolo, là dove afferma, giustamente, che l’adorazione del potere ha fatto perdere agli Ebrei la nozione del bene e del male. Lo status di testo sacro concesso a racconti colmi di crudeltà spietate mi ha per lungo tempo tenuta lontana dal Cristianesimo, tanto più che tali testi non hanno mai cessato di esercitare un’influenza su tutte le correnti del pensiero cristiano per oltre venti secoli; sempre ammesso che, per Cristianesimo, si intendano tutte le Chiese contemporanee che rientrano in questa categoria. Lo stesso San Francesco d’Assisi, pur puro, per quanto possibile, da tale contaminazione, fondò un ordine monastico che, non appena divenne operativo, prese parte a omicidi e massacri. Non ho mai potuto comprendere come una mente razionale possa considerare lo Yahweh della Bibbia e il Padre di cui parla il Vangelo come un’unica e medesima entità. L’influenza dell’Antico Testamento e quella dell’Impero Romano — la cui tradizione è stata mantenuta dal Papato cattolico — sono, a mio avviso, le due cause della corruzione del Cristianesimo.

I suoi studi hanno rafforzato in me un’impressione che già avevo prima di leggerli, ovvero che il Catarismo sia stata in Europa l’ultima manifestazione vivente dell’Antichità pre-romana. Credo che, prima delle conquiste romane, i paesi del Mediterraneo formassero una civiltà non omogenea (perché la diversità era grande da un paese all’altro), ma continua, in quanto un pensiero simile animava le menti migliori, esprimendosi in modi diversi nei Misteri e nei culti iniziatici di Egitto, Tracia, Grecia e Persia; e che gli scritti di Platone ne rappresentassero l’espressione più perfetta tra quelle che conosciamo. Naturalmente, data la scarsità di documenti, una simile opinione non può essere provata; ma tra gli indizi vi è il fatto che Platone stesso presenta sempre il suo insegnamento come l’espressione di una tradizione antica, senza mai indicarne il paese d’origine. A mio avviso, la spiegazione più semplice è che le tradizioni filosofiche e religiose dei paesi a lui noti fossero unite in un unico pensiero. È da questo pensiero che è emerso il Cristianesimo; ma solo gli Gnostici, i Manichei e i Catari sembrano essergli rimasti fedeli. Soltanto loro sono davvero sfuggiti alla rozzezza dello spirito, alla miseria del cuore che la dominazione romana ha diffuso su vasti territori e che ancora oggi caratterizza l’atmosfera dell’Europa (Zeitgeist).

Vi è nei Manichei qualcosa di più rispetto all’Antichità che conosciamo: alcuni concetti splendidi, come la "divinità che discende tra gli uomini" e la "mente lacerata nella materia". Ma ciò che rende il Catarismo una sorta di miracolo è soprattutto il fatto che fosse una religione e non una filosofia. Voglio dire che, nel XII secolo, intorno a Tolosa, il pensiero più elevato era vivo tra il popolo e non ristretto a pochi individui. Si manifesta qui, credo, la differenza essenziale tra filosofia e religione, a condizione che si tratti di una religione non dogmatica.

Un pensiero raggiunge la pienezza della sua esistenza solo quando si incarna in un milieu umano, e con milieu intendo qualcosa di aperto al mondo esterno, radicato nella società, in contatto con tutte le sue componenti, e non connesso soltanto a un gruppo chiuso riunito attorno alla disciplina di un maestro. In assenza dell’atmosfera vitale di un simile milieu, un individuo si dedica alla filosofia; ma essa è una risorsa di secondo grado, poiché il pensiero raggiunge un livello di realtà inferiore. Vi fu, con ogni probabilità, un milieu pitagorico, ma ne sappiamo poco. Ai tempi di Platone, nulla di simile sopravviveva, e si avverte continuamente nei suoi scritti l’assenza di tale milieu e il rimpianto nostalgico per questa assenza.

Mi perdoni questi pensieri divaganti; volevo solo mostrarle che il mio interesse per il Catarismo non nasce da una mera curiosità intellettuale. Ho letto con grande piacere nella sua brochure che il Catarismo potrebbe essere considerato come un Pitagorismo o un Platonismo cristiano; perché, a mio avviso, nulla supera Platone. La semplice curiosità non può avvicinarsi al pensiero di Pitagora o di Platone, poiché, rispetto a un tale pensiero, conoscenza e adesione sono un’unica operazione della mente. Credo che lo stesso valga per il Catarismo.

Mai come oggi sarebbe necessario far rivivere questo genere di pensiero. Viviamo in un’epoca in cui si avverte con confusione — ma con intensità — che ciò che nel XVIII secolo fu chiamato "Secolo dei Lumi" — scienza compresa — costituisce un nutrimento spirituale insufficiente; ma questa consapevolezza sta conducendo l’umanità sui sentieri più terribili. È urgente volgere lo sguardo al passato, a quei periodi che nutrivano una vita spirituale tale che quanto oggi è più prezioso nelle nostre scienze e nelle nostre arti ne è solo un riflesso piuttosto degradato.

Ecco perché auspico che i suoi studi ricevano dal pubblico l’attenzione e la diffusione che meritano. Ma tali studi, per quanto belli, non bastano. Se riuscisse a trovare un editore, la pubblicazione di una raccolta di testi originali, accessibile al grande pubblico, sarebbe altamente auspicabile.

Devo confessare di non aver letto alcun testo gnostico, manicheo o cataro, fatta eccezione per alcuni inni manichei in lingua copta. La sua brochure e il suo articolo mi fanno rimpiangere vivamente questa ignoranza. Le sarei estremamente grata se potesse fornirmi qualche indicazione bibliografica e segnalarmi dove e come potrei procurarmi tali testi.

Presto lascerò Marsiglia per Algeri. Avrei desiderato molto, prima della partenza, poter recarmi a Béziers per avere la grande gioia di fare la sua conoscenza e di sfogliare alcuni dei suoi libri, se lei fosse così gentile da acconsentire. Non so se mi sarà possibile fare questo viaggio; ma se potrò, spero che mi permetterà di incontrarla e di porle alcune domande. Ne sarei felicissima.

Signore, voglia accogliere l’espressione della mia sincera stima.

Simone Weil, Marsiglia, 1941.

+Giovanni

Post più popolari