11/05/2025 - Omelia per l'ordinazione sacerdotale di p. Elayah Ben Ori'el
Sacerdozio interiore e Sacerdozio esteriore
Visto il posto in cui ci troviamo, non è fuori luogo affrontare certi temi. Pensando soprattutto a come possano ispirare il ministero del nostro nuovo Sacerdote.
Il sacerdozio, in ogni sua forma,
è innanzitutto servizio. E se nel mondo vi sono molti modi di servire, il
sacerdote è colui che sceglie di farlo nella luce del Sacro, offrendosi come
ponte tra il Cielo e la Terra, tra l’Umano e il Divino.
Nelle grandi Chiese, i ministri
ordinati spesso si trovano a guidare comunità numerose: accolgono, ascoltano,
celebrano, accompagnano. Sono formati per rispondere a bisogni complessi –
spirituali, morali, psicologici, sociali – e lo fanno nella prospettiva della
salvezza eterna, ma anche del sollievo immediato: contro la solitudine,
l’abbandono, l’individualismo che affliggono tanti cuori. E noi, pur non
appartenendo a quelle strutture, non intendiamo contrapporci ad esse, né
tantomeno sostituirci. Riconosciamo il loro valore e ne onoriamo l’opera.
Ma riconosciamo anche che la Grazia si manifesta per molte vie, e che tra queste c’è anche quella di un sacerdozio che nasce dal cuore dell’uomo, nella profondità del suo Tempio interiore.
Mircea Eliade, riferendosi al "Sacro", lo ha descritto come “esperienza che permea la vita e
le dà senso”, esperienza che eleva e ricollega ogni cosa alla propria origine
trascendente. Il termine sacerdote, del resto, significa proprio “colui
che dona il sacro”; e donare implica relazione, implica servizio verso l’altro.
Questa è la via che anche molti
iniziati hanno percorso: una via esoterica che non si oppone alla via
essoterica, ma la completa e approfondisce. Il sacerdozio “Cohen” di cui
parlava Martinez de Pasqually ne è un esempio. Formalmente prevedeva
un’ordinazione rituale, ma questa non era fine a sé stessa: presupponeva già un
cammino interiore, una dignificazione dell’anima, che abilitava il sacerdote a
operare per la propria reintegrazione e per quella dell’intero universo.
Louis-Claude de Saint-Martin,
discepolo di Pasqually, affermava che il vero sacerdozio nasce quando l’uomo
è rigenerato: “È allora che l'uomo si scopre, in spirito e verità,
sacerdote del Signore; è allora che ha ricevuto l'ordinazione vivificante e che
può trasmettere questa ordinazione su tutti coloro che si consacrano al
servizio di Dio” (Le Nouvel Homme, n. 4).
E aggiungeva: “Se non ci fosse
alcun sacerdote per ordinare l’uomo, è il Signore stesso che lo ordinerebbe e
lo guarirebbe” (L’Homme de Désir, n. 65). Questo è il sacerdozio
interiore, che si realizza nella profondità della coscienza, nella
comunione col Verbo, nella liturgia silenziosa del cuore. È il sacerdote che
lega e scioglie secondo la verità, che purifica secondo la giustizia, che
guarisce attraverso lo Spirito.
Tuttavia, non ogni anima è già
pronta a ricevere questo fuoco. Ogni essere umano è potenzialmente
sacerdote, ma il pieno risveglio richiede tempo, prove, dedizione. Per questo
la Provvidenza, nella sua infinita sapienza, ha disposto anche un altro mezzo:
il sacerdozio esteriore, che viene trasmesso per imposizione delle mani,
secondo una successione visibile e sacramentale.
Questo sacerdozio non è un
ripiego per chi non è ancora giunto alla perfezione interiore. Al
contrario, è uno strumento vivo e potente che consente di mettersi subito
al servizio del prossimo, secondo i doni che si sono ricevuti e nella
misura della grazia che si è pronti ad accogliere. È un canale di Grazia. Un
compito solenne. Una missione.
Anche Jean Bricaud, erede spirituale di Saint Martin, ricercò e ottenne questa forma di sacerdozio esteriore, facendosi imporre le mani per ricevere lo stesso Sacramento dell’Ordine tramandato dalla Chiesa Romana. Ecco, Bricaud non utilizzò mai il ministero sacerdotale in senso pastorale classico ma utilizzò l’Ordine per dare legittimazione alla Chiesa da lui guidata dandogli validità sacramentale e rivolgendo i sacramenti alla sua comunità di iniziati quali atti sacri che avevano valore anche come atti di risveglio interiore e strumenti per il progresso spirituale. Papus, vescovo gnostico, seppe invece offrire il suo dono di guaritore come servizio diretto all’umanità sofferente, senza titoli ecclesiastici riconosciuti, ma con la sincera volontà di aiutare gli altri. E infine Maître Philippe, che non ricevette mai un’ordinazione sacramentale, ma che fu sacerdote dell’anima per vocazione e compassione, operando a sua volta guarigioni spirituali. La dignificazione sacerdotale per tutte queste persone ha significato anche una prospettiva di servizio per gli altri, il come farlo dipende dai propri doni.
Oggi, fratello hai ricevuto un’ordinazione sacramentale che si inserisce in questo grande
mistero. Non è il punto d’arrivo, ma l’inizio di un ministero. Non è un
segno esteriore senza valore, ma un sigillo spirituale che ti consacra nella
dimensione del servizio. E sarà tua responsabilità, da oggi in poi, far sì che
questo sigillo diventi luce per gli altri, e che la tua interiorità cresca fino
a renderti, un giorno, anche tu sacerdote nel senso pieno e vivente del
termine.
Finché ciò non accadrà – se mai
accadrà in questa vita – sappi che già da ora sei chiamato ad essere strumento
della Provvidenza. E questo basta.
A Dio, fonte di ogni essere,
il debito tributo di ogni onore, maestà, potenza, dominio e lode, ora e in
perpetuo, nei secoli dei secoli.
Amen.